LA PUBALGIA NELL'ATLETA.
- alecorvi_
- 27 mar 2022
- Tempo di lettura: 5 min
Con il termine pubalgia, spesso diagnosticata sotto la dicitura “sindrome retto-adduttoria”, s’intende una problematica molto diffusa in ambito sportivo sia tra atleti di alto profilo che a livello amatoriale, considerata di fatto una mioentesite, ovvero un’infiammazione muscolo-tendinea che interessa le inserzioni di diversi muscoli a livello della sinfisi pubica.
Il termine, pertanto, descrive una coorte di sintomi caratterizzati da dolore nella regione pubica, ma non rappresenta di per sé una diagnosi precisa. A tal proposito il termine groin pain syndrome risulterebbe più adeguato, vista la complessità del problema.
Tale problematica interessa frequentemente atleti di livello prestativo medio, poiché spesso non vi è un livello di condizione atletica sufficientemente adeguato ed altrettanto sovente si tende a trascurare ogni tipo di programma preventivo, nonostante la richiesta funzionale sia poi relativamente elevata. Ciò favorisce naturalmente l’insorgenza della patologia.
In funzione dei diversi tipi di lesione e dei vari sintomi riferiti dal paziente, è possibile identificare differenti tipologie di pubalgia , determinate da diverse cause.
Un’inaccurata diagnosi comporta spesso un inadeguato percorso terapeutico e l’inesattezza dell’analisi clinica spesso è dovuta al sovrapporsi di diversi quadri clinici in uno stesso soggetto.
Tra le diverse cause includiamo patologie muscolari e tendinee (tendinopatie inserzionali, calcificazioni ectopiche, avulsioni, ernie) , problematiche ossee ed articolari, come fratture da stress, ostocondrosi, osteonecrosi) , infezioni, borsiti, dolori di origine viscerale, affezioni tumorali.
Tendenzialmente la sintomatologia interessa la zona adduttoria o sovrapubica, altresì la zona perineale.
L’insorgenza algica risulta spesso insidiosa, e frequentemente il paziente si presenta in condizione di dolore acuto. Naturalmente l’intensità della sintomatologia presenta un’ampia variabilità , che può insorgere durante la competizione o l’allenamento, essere presente già prima dell’inizio dell’esercizio, oppure presentarsi nella quotidianità (camminare, salire-scendere le scale, alzarsi dal letto).
Spesso il dolore può seriamente precludere la performance; può irradiare in basso verso la zona adduttoria, oppure in alto verso la zona pubica e l’area addominale, o ancora in direzione del perineo o dei genitali.
Da un punto di vista obiettivo, il paziente può lamentare dolore alla contrazione muscolare contrastata o alla palpazione, così come nello stretching. Pertanto l’anamnesi clinica deve tener conto di tali test ed essere affiancata dall’indagine strumentale.
In tal senso la risonanza magnetica viene considerata l’esame gold- standard per la sua capacità di fornire informazioni dettagliate riguardo le strutture ossee, tendinee e muscolari. Tuttavia presenta, nell’impossibilità di effettuare esplorazioni dinamiche, un fattore limitante. Pertanto è utile affiancare un esame ultrasonografico. L’esame ectomografico (ecografico) , per il grande vantaggio di poter essere eseguito in condizioni dinamiche, risulta utile nell’indagine sullo scorrimento miofasciale, aree edematore, ematomi, aree di degenerazione mixoide, aree fibrotiche, eventuali presenze di ernie inguinali e sport ernie.
Tra i fattori predisponenti la pubalgia riconosciamo:
-pregressi traumi a carico del bacino , del ginocchio, della tibio-tarsica, problematiche associate all’articolazione coxo-femorale o della sinfisi pubica
-dismetria degli arti inferiori, patologie o disfunzioni a carico del piede
-alterazioni vertebrali e problematiche posturali
-scarsa flessibilità e rigidità miofasciale
-storia clinica di pregresse lesioni ossee, muscolari o tendinee
-presenza di cicatrici
-squilibri funzionali tra le diverse catene muscolari
-cause pubico-sinfiseali, costrizioni o disfunzioni biomeccaniche, soprattutto di tipo torsionale, della sinfisi pubica e disarmonia biomeccanica del complesso sacro-iliaco
Nella classificazione più comune vengono identificate diverse tipologie di pubalgie:
-tendinopatia inserzionale, tendenzialmente con dolore manifesto nel tratto tendineo dell’adduttore medio o del retto interno o di entrambi
-sindrome sinfisiaria, che causa instabilità del bacino
-patologia parietale addominale o dell’anello inguinale, in cui il dolore è identificato a livello sotto-pubico, dei muscoli obliqui e del retto addominale, anche alla palpazione. Spesso vi sono associati dolori irradiati, ad esempio ai testicoli, o dolori che compaiono nella gestualità quotidiana laddove si vada ad incidere sulla modificazione pressoria intra-addominale (tossire, starnutire, eccetera)
-alterazioni intervertebrali a livello della cerniera dorso lombare, che possono causare irritazione dei rami anteriori dei nervi ileoipogastrico e ileoinguinale (ricordarsi- per gli “addetti ai lavori”- la differente sintomatologia in relazione al ramo anteriore, posteriore o perforante laterale). Anche l’irritazione D12 o L1 potrebbe essere la conseguenza di dolori inserzionali sul pube del retto addominale per ipersensibilità cronica del periostio pubico.
-conflitto disco-radicolare L2-L3-L4, che può causare dolore pubalgico determinato da ernie occulte , che a loro volta generano radicolopatie. Nella cruralgia il dolore ha sede nella coscia anteriore, mentre per il nervo otturatore il dolore e la sensibilità sono nella faccia interna della coscia e sottopubico, mentre nella parte motoria va ad interessare i muscoli adduttori.
-pubalgia che trae origine nella sua algia da sofferenza viscerale. Nell’uomo gli organi più coinvolti sono reni, uretra, prostata; altre cause possono essere ricercate in un intestino iper o ipotonico, appendicite pelvica, diverticolite sigmoidea, varicocele.; nella donna, organi ginecologici (esempio cisti ovarica in disfunzione o torsione),ernia crurale, gravidanza.
Un’ulteriore distinzione va fatta tra pubalgia traumatica oppure cronica.
Nella patologia cronica si possono ritrovare scompensi tra sacro e coccige, pube adattato ad uno schema funzionale alterato, problematiche legamentose, asimmetrie suoi vettori di forza delle varie catene muscolari , che spesso generano forze di taglio e torsione a livello della branca pubica.
Sul pube vengono perciò a scaricarsi le iperpressioni ascendenti e discendenti del sistema.
Per ciò che concerne il trattamento conservativo, occorre ricordare che gli studi in letteratura a forte evidenza scientifica sono esigui, e quelli presenti sono di qualità metodologica modesta.
Qualunque sia la valutazione dello specialista, la problematica va sempre valutata nell’ottica in cui il corpo sia visto come unità.
Il trattamento conservativo porta per l’80% dei casi alla risoluzione del problema ed è sempre consigliato.
Un ulteriore problema , può invece emergere nel momento in cui i protocolli riabilitativi siano decisi in base all’esperienza personale del terapista, ed è facile intuire come in molti casi i pazienti possano non rispondere positivamente al trattamento motorio o riabilitativo e ricorrere alla farmacologia.
D’importanza fondamentale risulta la scelta degli esercizi e della loro corretta progressione, con adeguate indicazioni in merito ad intensità, frequenza e durata. Utilissimo il lavoro in équipe, con un confronto trasversale tra le differenti figure terapeutiche.
Per quanto riguarda la tipologia di esercizi utili sul piano conservativo, la proposta vedrà l’inserimento di esercizi di allungamento, stretching e mobilità articolare, rinforzo delle differenti catene disfunzionali, esercizi aerobici di vascolarizzazione, passando dal lavoro isometrico , a quello concentrico ed infine alla fase eccentrica e alla gestualità sport specifica. Per ciò che riguarda la frequenza, è bene impostare un lavoro sulle 3 sedute settimanali della durata di circa 75’/90’ ciascuna, e rivalutare sistematicamente condizione e miglioramenti del paziente attraverso test specifici.
I distretti target su cui porre attenzione non sono solamente addome, adduttori, flessori dell’anca, psoas, ma tutti i distretti disfunzionali del paziente da un punto di vista morfo-strutturale, miofasciale, viscerale.
Vale la pena ricordare che anche la condizione metabolica di base , così come la qualità del sonno, lo stile di vita, il livello di stress del soggetto, e la storia cli
nica (infortuni, operazioni chirurgiche, assunzione di farmaci, patologie in atto, ecc.) sono tutti parametri importanti, che vanno presi in considerazione all’atto dell’anamnesi iniziale.
Naturalmente i tempi di recupero variano in base alla condizione iniziale, spesso non sono brevi (si arriva anche a 6-7 mesi e oltre se la fase algica viene sottovalutata e protratta nel tempo) ed è bene che anche a percorso terminato ci sia correlazione positiva tra il feedback del paziente e l’indagine strumentale, per avere quanti più parametri oggettivi su cui ragionare.

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