OBESITÀ INFANTILE: L'EPIDEMIA SILENZIOSA.
- alecorvi_
- 10 set 2022
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 23 giu
L'obesità infantile è una condizione di alterata composizione corporea con squilibrio verso l'eccesso di massa grassa e peso corporeo, al di fuori del range di normalità, che interessa i bambini, dalla nascita al termine dello sviluppo. Secondo Nature Metabolisme 2020, in 40 anni (dal 1975 al 2016) i bambini e adolescenti obesi sono cresciuti da cinque a cinquanta milioni tra le femmine e da sei a settantaquattro milioni tra i maschi. In tutto il mondo oggi si contano circa 120 milioni di bambini e adolescenti obesi; di questi, il 40% manterrà la condizione in adolescenza e l'80% di essi lo sarà da adulto. Di fatto, negli ultimi 30 anni l’obesità infantile è triplicata. Secondo le stime della Società Italiana di Pediatria, 2 bambini su 10 sono sovrappeso, e 1 su 10 è obeso. L’obesità infantile è un fenomeno tipico dei paesi fortemente industrializzati, che genera gravi conseguenze, anche nelle fasi adolescenziali e adulte. Un bambino obeso su 10 ha valori alterati di glicemia, in condizione di pre-diabete, quindi alterato metabolismo del glucosio. Più del 30% dei bambini obesi hanno trigliceridi e colesterolo al di fuori della soglia di normalità, il che li espone a rischi di sindrome metaboliche e alla comparsa di arteriosclerosi. Più del 30% dei bambini obesi ha un danno epatico iniziale dato da accumulo lipidico nel fegato. Più del 10% dei bambini obesi ha valori pressori superiori alla norma.
QUANDO UN BAMBINO È OBESO? La valutazione della composizione corporea del bambino è un poco più complessa rispetto all'adulto, dal momento che deve intersecare le variabili di età, sesso e statura. Pertanto, pur utilizzando il BMI , si avvale della stima in percentili: • se il BMI del bambino è compreso tra l'85° e il 95° percentile indica sovrappeso; • se il BMI del bambino supera il 95° percentile indica obesità; • se il BMI del bambino supera il 120° percentile indica obesità severa. In linea generale, però, un bambino può essere considerato sovrappeso quando il suo peso supera del 10% quello fisiologico desiderabile (corretto per sesso, età e statura), obeso quando il suo peso supera del 20% quello fisiologico desiderabile . Questa classificazione va modulata inoltre, in relazione all’età di sviluppo (per le femmine sarà anticipato) e alle abitudini sportive o meno del bambino, dal momento che la spinta anabolica dell’accrescimento partecipa alla modulazione della massa grassa in favore di quella magra. Ad ogni modo, il pediatra e il nutrizionista sono le due figure mediche a cui affidarsi per valutazioni competenti e per, eventualmente apportare correzioni allo stile di vita del bambino e soprattutto dell'intero nucleo familiare. PERCHÉ UN BAMBINO DIVENTA OBESO? In linea generale, escludendo patologie endocrine reali, un bambino diventa sovrappeso fondamentalmente per due ragioni: 1. Troppe calorie probabilmente causate da porzioni eccessivamente abbondanti, alimenti-spazzatura ricchi di sale e zuccheri, alimentazione poco bilanciata. 2. Poco movimento, assenza di gioco motorio/pratica sportiva, eccessivo spazio a TV, PC e cellulare. Uno studio sui danni da fruttosio sulle cellule epatiche, condotto dai ricercatori dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, su 271 bambini affetti da steatosi epatica, e pubblicato sulla rivista Journal of Hepatology, ha rivelato che in un bambino su due si riscontrano livelli oltre il range di normalità di acido urico in circolo. Il composto in questione è uno dei prodotti finali della sintesi del fruttosio nel fegato. Inoltre, sale e zucchero in quantità eccessive predispongono il bambino a patologie cardiovascolari. L’assunzione di zuccheri dopo le ore 21 può inficiare i corretti ritmi biologici del sistema in via di sviluppo, dal momento che l’insulina secreta in risposta all'assunzione altera la normale secrezione di GH, ormone della crescita, modificandone l’equilibrio circadiano. Anche nei casi di disturbi del neurosviluppo, sindromi ADHD e difficoltà comportamentali, la dieta è un aspetto fondamentale, dal momento che fruttosio , glutammato, conservanti, presenti in quasi tutti i cibi dolci e salati in commercio, sono sostanze neurotossiche e neuroeccitanti, oltre ad essere alimenti pro-infiammatori.
DI CHI È LA RESPONSABILITÀ? Non ci sono alibi. Senza colpevolizzare nessuno, la responsabilità è dei genitori, che dovrebbero guidare i bambini in uno stile di vita e nutrizionale il più sano possibile. Non è facile, certamente, ma è necessario. I nonni non sono i genitori (nel senso stretto del termine), e, benché la scuola dovrebbe essere un buon terreno in cui apprendere sane abitudini, neppure le maestre o gli educatori possono sostituire il ruolo dei genitori. È bene ricordare questo, semplicemente perché il rapporto genitore-figlio è unico nel suo genere , ed è il genitore che sceglie quanto concedere o negare. I genitori rappresentano un modello molto importante per il bambino, e sono loro ad avere il potere di dire di no, ricordando che la salute dei più piccoli non può essere assoggettata a capricci o comodità. L’intervento per prevenire l’obesità infantile dovrebbe iniziare molto presto. I fattori genetici influenzano notevolmente lo sviluppo dei tessuti adiposi, pertanto la prevenzione dovrebbe iniziare già durante la gravidanza, attraverso la sana alimentazione della madre, esercizio fisico adeguato e monitorando la crescita intra-uterina del bambino. Dopo la nascita, l’allattamento al seno dovrebbe essere fortemente consigliato. L’obesità infantile costituisce un fattore importante di rischio per varie complicanze mediche, maggiore morbilità (facilità ad ammalarsi) in senso lato, eccessivo sovraccarico articolare, problematiche gastroenteriche, epatiche , cardiovascolari, problematiche connettivali o autoimmuni, disturbi muscoloscheletrici. Non di minore importanza sono i risvolti sul piano psicologico e sociale. Il bambino obeso tende, a causa della sua condizione, ad autoescludersi dalle normali attività ludiche, diventando sempre più sedentario. Allo stesso modo, in virtù degli assurdi modelli estetici oggi proposti, rischia di esporsi in età adolescenziale e non solo, a disturbi del comportamento alimentare per sopperire ad una diffcoltà di gestione consapevole della corporeità, delle emozioni e del cibo stesso. Potrà inoltre avere la tendenza a nascondersi e a non esporsi, esprimendo un comportamento tendenzialmente timido che trova il suo presupposto in un’ intensa sfiducia in se stesso e senso di inadeguatezza, spesso per lui difficilmente codificabile. Queste condizioni, a lungo andare, possono condurre a vere e proprie fobie sociali, spesso con ripercussioni sul comportamento scolastico e sull’inserimento sociale.
SINDROME PLURIMETABOLICA: COS’È?
La complicanza peggiore, considerata dall'OMS dal 2003 una vera “epidemia nell’epidemia” , è la sindrome plurimetabolica. Tale condizione è caratterizzata dalla presenza di almeno 3 parametri alterati su 5, quali l’indice di massa corporea o la circonferenza vita, basso colesterolo-HDL (colesterolo buono), alti valori di trigliceridi, valori alterati di glicemia e ipertensione. In alcuni Paesi, fra cui l’Italia, la sindrome plurimetabolica arriva a colpire il 25% di bambini e adolescenti. COME INTERVENIRE?
Gli strumenti più efficaci a tal proposito sono: -un regime alimentare adeguato, modulato dal punto di vista quantitativo e qualitativo, affidandosi a nutrizionisti competenti in materia. - l’esercizio fisico e/o gioco-sport al fine di aumentare il dispendio energetico giornaliero. Le due azioni combinate, rispetto alla sola restrizione calorica, risultano molto più efficaci sul lungo periodo, dal momento che l’attività fisica costante permette di creare adattamenti stabili anche all’interno del sistema in fase di sviluppo. Naturalmente l’attività fisica non è uguale per tutti. Il bambino obeso reagisce all’esercizio fisico in modo differente rispetto ai coetanei normopeso; le percentuali di frequenza cardiaca a cui lavora un bambino soprappeso sono più elevate, così come la pressione arteriosa. Vi è inoltre un aumentato stress articolare, spesso con masse muscolari non adeguate. A questi aspetti si aggiungono difficoltà nella risposta motoria, figlie della carente stimolazione neuromuscolare, che si manifestano in un’acerba o inadeguata coordinazione, in una minore capacità di risoluzione dei compiti motori e nella difficoltà di apprendimento motorio in schemi nuovi proposti. Occorre ricordare che è proprio l’età compresa tra i 3 e i 5 anni quella in cui il bambino inizia a strutturare gli aspetti “socializzanti” della propria quotidianità, e ciò gli permette di giocare e relazionarsi con i compagni. Il corpo inizia ad essere percepito come lo strumento necessario per rapportarsi con gli altri e con l’esterno, pertanto si sviluppa la percezione spazio-temporale, la lateralità, la destrezza, l’equilibrio, la combinazione visuo-motoria, la memorizzazione delle informazioni utili relative al movimento.
QUANTO È IMPORTANTE IL GIOCO NELLA VITA DI UN BAMBINO?
E’ importante spronare il bambino a fare l’attività fisica che più gli piace, privilegiando il gioco nelle sue varie forme, e ricordando che ad ogni età corrisponde una differente possibilità di sviluppo di alcune caratteristiche fisiche quali capacità coordinative, condizionali, flessibilità, equilibrio, ma anche caratteristiche insite nella pratica sportiva, quali la collaborazione tra compagni di squadra, gli aspetti ludici dello sport, la lealtà, la fiducia in se stessi, la creatività. Nel bambino in età scolare il gioco occupa un ruolo di rilievo, poiché acquisisce un profondo risvolto emozionale ed una grande carica espressiva, che coinvolge totalmente il bambino attraverso il valore simbolico che questo rappresenta. Utili sono i giochi che permettono al bambino di soddisfare il proprio bisogno di movimento (giochi funzionali e giochi di regole), praticati all’interno di un gruppo di bambini, dove sia indispensabile l’accettazione di un codice di regole, la socializzazione e la cooperazione con i compagni di squadra per poter vincere.
ASPETTI PRATICI
Nella scelta di un’attività fisica per un bambino obeso bisogna cercare di far coincidere l’aspetto ludico con un’attività realmente efficace sulla riduzione della massa grassa. Maggiori sono le masse muscolari coinvolte, maggiore sarà il consumo calorico e il calo ponderale. È bene ricordare che questi percorsi necessitano di progressione, professionisti esperti, e spesso attività integrate, poiché esistono delle limitazioni fisiche e psicologiche in alcuni sport per i bambini obesi. Specialmente nei primi periodi di attività, l’obesità rappresenta un ostacolo per la corretta esecuzione del movimento, per cui può derivare una sollecitazione eccessiva o poco funzionale a livello osteoarticolare. Con l’allenamento costante e la gradualità viene migliorata l’efficienza fisica generale e progressivamente aumentano forza, resistenza, abilità , autostima e fiducia. Utili in questo senso sono i percorsi multidisciplinari/multisport, poiché stimolano la multilateralità, il cui scopo è sempre quello di creare un vantaggio motorio a carattere globale, utile per un più ampio range di miglioramento. Il lavoro di gruppo permette ai bambini di percepire il sovrappeso o l’obesità non come agente discriminante rispetto agli altri coetanei, ma come un qualcosa da condividere per conseguire l’obiettivo prefissato.
E' fondamentale un supporto psicologico, più ancora che per il bambino, per le figure genitoriali, soprattutto nei casi in cui l'alimento diventa lo strumento di gestione disfunzionale di emozioni o problemi di varia natura. Il percorso con uno psicoterapeuta è utilissimo per evitare che nel bambino s'instauri il senso di inadeguatezza, frustrazione o sfiducia, per prevenire quel pensiero pericoloso del "non vado bene" che può creare terreno fertile per difficoltà emotive nella fasi di crescita.
La consapevolezza del genitore diventa quindi un aiuto concreto per il bambino, che ricordiamolo, non dovrebbe mai vivere il cambiamento con senso di colpa, soprattutto in età pediatrica. La figura dello psicoterapeuta e del pedagogista permettono di imparare a rapportarsi con il bambino attraverso un linguaggio adeguato, intervengono nella gestione del problema all'interno del nucleo familiare, supportano con strumenti concreti ed efficaci il cambiamento.
Poichè l'obesità è una problematica complessa, influenzata da diversi fattori come la genetica, l'ambiente e lo status socioeconomico, nessun singolo intervento può considerarsi realmente efficace per evitarne l'aumento. Per questo occorre sempre un approccio multidisciplinare.

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