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NEOPLASIA AL SENO: l'esercizio fisico come potente alleato.

Nel sesso femminile, la neoplasia al seno è il tumore più comune nonchè la quinta causa di morte per cancro.

Il termine “neoplasia” è un termine generico con il quale si indicano circa 200 malattie aventi in comune l’incontrollata crescita cellulare alla cui origine vi è da una serie di mutazioni genetiche di natura multi-fattoriale. Pertanto, ci si trova di fronte ad un’enorme produzione di cellule “difettose” che, con il tempo, finiscono per interferire e distruggere i “normali” processi fisiologici, ordinati e programmati, mediante cui il nostro organismo lavora, compresa la capacità di autoriparazione.


Le principali cause di cancro sono legate all’ambiente in cui si vive e allo stile di vita. Infatti, circa il 98% delle neoplasie sono dovute a fumo di tabacco (33%), sovrappeso e obesità (20%), inattività fisica (5%), dieta (5%), abuso di bevande alcoliche (3%) e altri fattori ambientali e occupazionali. Solo il 2% dei tumori è su base ereditaria.

Nel 2020 i nuovi casi di tumore nel mondo sono stati circa 19,3 milioni, e i decessi 10 milioni. Una persona su 5 svilupperà un tumore nel corso della propria vita. (CA:A Cancer Journal for Clinicians)

I casi di tumore al seno sono circa il 28% di tutte le diagnosi di cancro e, approssimativamente, 40 milioni di donne non riescono a guarire. In diversi Paesi, il tumore al seno è la più comune causa di morte nelle donne di età compresa tra i 40 e i 60 anni. Ciononostante, negli ultimi anni si sta assistendo ad una diminuzione del tasso di mortalità, nonostante l'incidenza sia in aumento.


Come confermato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, solamente il 20% è di origine genetica, la restante parte è legata ai cosiddetti “fattori di rischio modificabili” ovvero quei fattori dipendenti dal nostro stile di vita e dall’ambiente esterno. Tra i fattori di rischio modificabili, l’obesità, il sovrappeso e l’inattività fisica sono responsabili di un terzo di tutte le morti per cancro.

Oggi 1 donna su 4 è fisicamente inattiva (ovvero meno di 30 minuti di attività moderata a settimana), mentre solo 1 donna su 4 fa attività fisica almeno due volte a settimana. Studi indicano come l’attività fisica svolta prima o dopo la diagnosi tumorale si associ a una riduzione di mortalità cancro-specifica e di mortalità globale.


In termini preventivi, oggi sappiamo che svolgere attività fisica moderata per 30 minuti almeno 5 giorni a settimana, per esempio, porta al 7% di rischio in meno di ammalarsi di tumore al seno, il 15% in meno di cancro del colon retto, del rene e del fegato. Dati sempre più consistenti però sottolineano che l’attività fisica nei pazienti con tumore, sia fondamentale per mantenere una buona qualità di vita e una sufficiente autonomia, diminuire la probabilità di recidive tumorali e conservare una buona salute ossea, soprattutto durante le terapie ormonali e per la prevenzione degli eventi scheletrici da metastasi ossee nelle persone con malattia mammaria e prostatica avanzata.


La strada per ritrovare una buona qualità di vita dopo la malattia, è dunque, quella dell’esercizio fisico regolare. L’attività fisica adattata alle condizioni dei pazienti aumenta le capacità funzionali del 13% e fino al 40% la forza muscolare, migliorando qualità come flessibilità e mobilità articolare fino al 53% e consentendo così un miglioramento tangibile della qualità di vita.

Il movimento deve quindi essere parte integrante della riabilitazione dei pazienti oncologici.

Sempre più evidenze scientifiche sostengono il ruolo dell’attività fisica con lo scopo di aumentare le probabilità di guarigione nelle donne già colpite dalla malattia, migliorare il tono dell’umore e il benessere generale, aiutando a ritrovare forza ed energia. Un’approfondita revisione della letteratura sull’argomento, condotta dal Sunnybrook Health Sciences Centre canadese, ha evidenziato che, tra i vari fattori relativi allo stile di vita (peso, alimentazione, sport, alcool e fumo), l’esercizio fisico è quello con il maggior impatto sulla prevenzione delle recidive del tumore alla mammella. In particolare, se praticato regolarmente, ridurrebbe la mortalità di circa il 40%, contrastando gli effetti indesiderati delle terapie.

Infatti, l’esercizio costante modula la risposta dell’organismo, soprattutto nei tumori ormono-sensibili, questo principalmente per la sua azione su riduzione del tessuto adiposo, che è tutt’altro che un tessuto inerme, riduzione dell’infiammazione e regolazione del metabolismo dell’insulina, importante nella dinamica di formazione e sviluppo del cancro.

Il movimento andrebbe quindi considerato al pari di una terapia complementare alle cure tradizionali e, al pari di una medicina, dovrebbe essere prescritta dal medico, spiegando alle donne che i benefici sono reali e molteplici. Più movimento, dunque, e con costanza.

Anche il supporto con figure differenti si rende necessario. Psicoterapeuti, chinesiologi, osteopati, operatori del benessere. Questa però pare essere ancora una strada difficile da perseguire.

Eppure mente e corpo sono intrinsecamente coinvolti da una malattia come il cancro.

Dopo un intervento di mastectomia, la donna ha bisogno di ristabilire la relazione con la propria fisicità, per riacquisire autostima e una nuova immagine di sé.

L’ approccio olistico alla paziente è pressoché indispensabile, e l’intento è di farsi carico non solo del suo corpo ma anche della sua psiche. In una patologia come un tumore, il rischio più grande è d’identificarsi con la malattia stessa: questa invece è solo una parte di noi, un compagno di viaggio fastidioso che non può e non deve invadere la nostra vita. Per raggiungere una tale consapevolezza, è essenziale lavorare sulla propria emotività e sul proprio corpo. L’obiettivo è apprendere modalità di gestione di sé, anche nell’ottica di ridurre l’assunzione di ansiolitici, antidepressivi o analgesici.


I dati raccolti in 37 studi clinici che negli ultimi 27 anni hanno coinvolto quattro milioni di donne dimostrano che il beneficio dell’esercizio è risultato indipendente dal peso corporeo e dall’età delle donne, il che conferma che l’azione anticancro dell’attività fisica deriva da diversi processi . L’attività fisica aiuta a modulare il sistema immunitario da cui dipende, a sua volta, la modulazione della malattia oncologica. Aiuta a controllare il peso corporeo, che ha una relazione strettissima con il rischio di tumore. Influenza aspetti del metabolismo legati ai meccanismi di insulino-resistenza, oltre ai benefici sulla modulazione del sistema nervoso autonomo.


Per quanto le terapie farmacologiche e chirugiche siano utili, non sono pochi gli effetti collaterali registrati sistematicamente.

Tra gli effetti avversi che possono permanere più frequentemente vi sono:

- Decondizionamento fisico generale: la patologia stessa e la durata delle terapie portano molto spesso all'inattività fisica, con conseguente diminuzione delle capacità e dell'efficienza fisiche;

- sensazione di fatica che insorge senza un determinato sforzo fisico e non si risolve con il riposo;

- Disturbi del sonno: sono correlati la maggior parte delle volte ad uno stato depressivo o a stress emotivo, che si manifestano con un circolo vizioso.

- Alterazioni del tessuto osseo, con conseguente fragilità scheletrica (osteoporosi) e aumento del rischio di fratture , causato da iper-riassorbimento osseo indotto dalla terapia ormonale adiuvante


Tutti questi fattori agiscono come un effetto a cascata sulla salute fisica e mentale della persona, portandola ad una situazione di decondizionamento generale e di continuo stress che di certo non termina alla conclusione delle terapie, ma si protrae per lungo tempo nel post-trattamento.


Nel prescrivere la terapia motoria, però, occorre essere scrupolosi e precisi. E’ necessario valutarne la tipologia, il dosaggio, la durata, l’intensità e la frequenza al pari di un farmaco, e ancora il livello e lo stadio della malattia, tutto misurato sulla persona.

In linea generale, gli studi suggeriscono almeno 30 minuti di attività fisica al giorno 5 giorni a settimana con scopo preventivo, mentre in donne in terapia gli studi hanno dimostrato effetti benefici con un’attività fisica svolta per 3 volte a settimana, durata un’ora, tipologia aerobico , di forza, respiratori e di stretching.

Anche la pratica Yoga può essere utile perlopiù come strumento di gestione emotiva della quotidianità.


Esercizio fisico e nutrizione sono strumenti potentissimi per mantenere il sistema immunitario attivo, e questo può dare supporto e vantaggio anche nelle scelte di terapie differenti, ad esempio l’immunoterapia, o complementari (agopuntura, omeopatia, fitoterapia, medicina tradizionale cinese, floriterapia di Bach, massaggi shiatsu, riflessologia plantare, omotossicologia ma anche tai chi, qi gong, reiki, meditazione, mindfulness)


I risultati sull’esercizio fisico evidenziano un incremento del 13% della capacità funzionale residua, ovvero l’abilità a svolgere mansioni quotidiane in maniera autonoma, sul lavoro, nel tempo libero: La flessibilità migliora del 54%, la forza muscolare del 40% , la mobilità articolare del 14%. Tutto questo si traduce in una migliore qualità di vita. Anche il peso dei pazienti è diminuito di 2,5 punti percentuali.


I dati Istat più recenti dimostrano però che il 38% della popolazione dichiara di essere inattivo. Come mai?

Si fa fatica.

Cambiare stile di vita è più impegnativo di prendere una pillola, significa assumersi una responsabilità. Se si sta bene, si tende a sottovalutare il beneficio della prevenzione e il piacere legato allo sport, che fa star meglio anche chi non è malato.

Eppure, il dato più significativo dimostra che i miglioramenti sono indipendenti dal livello di fitness iniziale.


Non è mai troppo tardi, dunque, per iniziare.


 
 
 

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